Nel 2015, i rappresentanti delle nazioni che presero parte agli Accordi di Parigi strinsero un accordo: mantenere il livello del surriscaldamento globale entro un limite di 1,5°C. Per realizzare questo obiettivo, si è proposto di avviare un processo di decarbonizzazione che, entro il 2050, dovrebbe portare a una società net-zero, cioè un sistema a basse (se non nulle) emissioni di gas serra.
Ma come mai è stato scelto proprio il limite di 1,5°C? Che cosa succede se non riusciamo a mantenerlo?
Quanto sono 1,5 gradi in più?
Certo, il surriscaldamento è un problema, ma finché si tratta solo di 1,5 gradi dovrebbe fare leggermente più caldo, no? Purtroppo, non funziona così. La soglia del grado e mezzo è in realtà un valore medio. Mentre alcune aree del pianeta aumenteranno di poco la temperatura, altre subiranno un aumento molto più consistente.
Per capire quanto sia problematico un grado e mezzo in più, basta pensare che durante l’ultima era glaciale (20mila anni fa) la temperatura media era “solo” di 4-5 gradi più bassa rispetto a oggi. Abbastanza per ricoprire di ghiaccio tutto il nord Europa.
Le conseguenze del surriscaldamento
Non è facile quantificare tutti gli effetti di un aumento così significativo delle temperature. Il più grave, sicuramente, sarebbe la compromissione dell’ecosistema terrestre, per via di un clima insostenibile per umani e animali. Si stima che, entro il 2070, potrebbero estinguersi fino a un terzo delle specie animali.
Non solo gli animali: anche per gli esseri umani, l’inquinamento alla base del surriscaldamento è un problema impellente. Secondo alcuni studi del 2019, solo in Europa ogni anno muoiono 800mila persone per la cattiva qualità dell’aria.
Un aumento delle temperature porterebbe anche a una serie di catastrofi naturali come il progressivo scioglimento dei ghiacci, causa principale dell’innalzamento del livello del mare – dal 1870 ad oggi, è aumentato al ritmo di 3,3 millimetri l’anno. Molte aree del pianeta, soprattutto quelle che si affacciano sulle coste marittime, verranno interamente sommerse.
Alla lista delle catastrofi, si aggiungono altri fenomeni come gli incendi naturali, causati dalla siccità e dall’esposizione prolungata della vegetazione al sole, o le ondate di calore estreme – quelle che si verificano una volta ogni 10 anni, e che diventerebbero 4 volte più frequenti nello stesso arco temporale.
Infine, ci sarebbero anche inevitabili conseguenze sociali e politiche. La riduzione dei terreni coltivabili e della disponibilità di acqua causerebbero fenomeni di migrazioni di massa in direzione delle aree settentrionali del globo, dove si concentreranno le (poche) aree fertili e meno calde. Già oggi si parla di rifugiati climatici, in riferimento alle persone costrette a migrare per via di disastri provocati dal surriscaldamento: alluvioni, tempeste, cicloni e siccità. Solo nel 2018, ne sono stati contati più di 17,2 milioni.
Cosa possiamo fare?
Rispetto all’epoca preindustriale, a dicembre 2021 la temperatura mondiale è incrementata di circa 0,98°C. Così, l’UE ha deciso di accelerare il percorso proponendo un obiettivo “intermedio”, oltre quello del 2050, tramite i provvedimenti del Green Deal: ridurre le emissioni inquinanti del 50% entro il 2030.
Per farlo, il Green Deal ha aggiornato le normative europee sotto vari punti di vista. Fra le varie iniziative, il patto europeo ha avanzato soprattutto nuovi finanziamenti per stimolare la transizione energetica.
Perché puntare proprio sulle energie rinnovabili? Oggi gran parte della produzione di energia elettrica dipende da fonti non rinnovabili, principalmente combustibili fossili. Da sole, sono responsabili del 44% delle emissioni globali di CO₂. Ecco perché le fonti rinnovabili possono davvero fare la differenza.
Basta pensare che, solo in Italia, la green energy costituisce il 27% dell’energia che produciamo ogni anno, permettendoci di ridurre notevolmente le emissioni inquinanti.
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La sfida è difficile, ma una soluzione c’è. Chiunque può prendere parte al cambiamento, riducendo i consumi o scegliendo soluzioni sostenibili a emissioni nulle. In questo scenario, il fotovoltaico è un’ottima alternativa: abbatte i consumi domestici, permette di ottenere energia senza ricorrere a fonti inquinanti ed è la
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